facebook sul lavoro

Se stai troppo su Facebook, rischi il posto

Nessun commento in social media da Redazione Onangel

Visitare troppo spesso il social network Facebook potrebbe costarci il posto di lavoro, ed essere causa di licenziamento. 

A quanto pare il datore di lavoro, per provare gli accessi al web del dipendente, può controllare la cronologia del computer. E’ una cosa perfettamente lecita, come ha deciso il Tribunale di Brescia che, con la sentenza 782 del 13 giugno 2016, ha confermato il licenziamento di una lavoratrice che utilizzava il computer aziendale per consultare Facebook e la sua mail personale, senza autorizzazione da parte del suo datore di lavoro.

La lavoratrice ha contestato il licenziamento negando di avere fatto gli accessi a internet e affermando che le prove portate dal datore di lavoro non erano valide in quanto acquisite in violazione della privacy. Il giudice ha però escluso che il datore di lavoro abbia violato la privacy o lo Statuto dei lavoratori, perché si era limitato a stampare la cronologia del computer, cosa che non richiede l’installazione di alcun dispositivo di controllo.

Sono poi stati consultati dati che vengono registrati da qualsiasi computer e che sono stati stampati solo per verificare l’utilizzo di uno strumento messo a disposizione per svolgere il lavoro.

Così, il giudice ha affermato che la condotta della dipendente è «senza dubbio grave», dato che ha fatto circa 6.000 accessi in 18 mesi, dei quali 4.500 a Facebook, durante l’orario di lavoro; in pratica, sono 16 accessi al giorno su tre ore in media di lavoro. E’ stato definito un «comportamento idoneo a incrinare la fiducia del datore di lavoro», dato che il lavoratore ha sottratto «costantemente e per lungo tempo» ore alla prestazione lavorativa e ha utilizzato impropriamente lo strumento di lavoro.

Utilizzare Facebook sul posto di lavoro, dunque, diventa sempre più pericoloso. La cosa più saggia da fare è limitare le visite al social alle pause e al riposo a casa, senza rubare ore di lavoro. Tutti sappiamo, infatti, quanto è facile “perdersi” nel social blu…

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