E-commerce UE: ancora troppi ostacoli per gli acquisti internazionali
I consumatori hanno sempre più voglia di acquistare all’estero, ma sono ancora troppi gli ostacoli che devono affrontare per poter portare a compimento con soddisfazione il proprio shopping transfrontaliero. Stando a quanto afferma la recente analisi Consumer Conditions Scoreboard 2017, infatti, se i livelli di fiducia dei consumatori sono cresciuti del 21% per quanto concerne i venditori che hanno sede in un altro Stato membro dell’Unione Europea (contro il + 12% per i venditori situati nel proprio Paese), è vero che i consumatori incontrano ancora difficoltà evidenti negli acquisti online da venditori esteri, valutato che il 13% degli intervistati si è visto rifiutare il pagamento, e il 10% si è vista negare la consegna dei prodotti.
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Può tuttavia sorprendere in misura ancora più rilevante scoprire che sono soprattutto le aziende quelle più riluttanti a vendere online i propri prodotti a livello nazionale e transfrontaliero: in particolare, lo studio evidenzia come i timori dei rivenditori nella vendita online ai consumatori di altri Paesi comunitari siano legati principalmente alla preoccupazione per i rischi di frodi e alle differenze nelle norme fiscali.
Lo studio sottolinea altresì che i rivenditori sono spesso scoraggiati dalle differenze sussistenti tra le varie legislazioni nazionali in materia di contratti, e ancora dalle divergenze nelle norme nazionali in materia di protezione dei consumatori, e ulteriormente da maggiori costi per poter risolvere le eventuali controversie transfrontaliere.
Ad ogni modo, l’analisi riporta anche come siano generalmente migliorate le condizioni europee per lo shopping transfrontaliero, sebbene esistano gap significativi tra i diversi Paesi. Le condizioni dei consumatori sono di norma migliori nei Paesi dell’Europa settentrionale e occidentale rispetto a quelli dell’Europa meridionale e orientale. A pesare di più, in questo secondo caso, sono soprattutto le conoscenze dei propri diritti, una maggiore fiducia nelle istituzioni, nella sicurezza dei prodotti e nella già menzionata risoluzione delle controversie.
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Per quanto infine riguarda i reclami, un terzo dei consumatori intervistati ha dichiarato di aver rinunciato a presentarne, sostenendo che l’importo della controversia sarebbe stato troppo esiguo, o che i tempi di risoluzione del contenzioso sarebbero stati probabilmente troppo lunghi. Insomma, spesso non vale la pena imbarcarsi nelle iniziative che fanno valere i propri diritti a livello internazionale, con ciò che ne consegue sul fronte delle potenziali perdite economiche che avvengono in seguito alle operazioni di acquisto e di vendita transfrontaliera, e non solo.